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Il Project Management? È prima di tutto un assetto mentale

Project Management mariangela parisi
Intervista a Mariangela Parisi, Quality Leader for Avenza Plant presso Baker Hughes – Nuovo Pignone e docente del modulo Project Management.

Mariangela Parisi è entrata in Nuovo Pignone a Firenze nel 2002 con uno stage finalizzato ad eseguire uno Studio di fattibilità tecnico-finanziaria di processi alternativi relativi all’esecuzione di palettature statoriche per le turbine a vapore per la sua tesi di laurea in Ingegneria Meccanica. Subito dopo la laurea, è chiamata ad occuparsi di analisi finanziaria nel settore LNG e dopo pochi anni passa al dipartimento di Project Management. “Dei miei venti anni lavorativi al Nuovo Pignone, undici li ho passati a gestire progetti come PM, progetti anche molto diversi tra loro”.

Cosa significa essere Project Manager?
Nel tempo ho capito che non è importante il tipo di progetto a cui ti dedichi: poco importa se quello da consegnare è un programma o un impianto di turbo-compressione per estrazione di gas liquefatto, quello che conta è l’assetto mentale, la propensione al Project Management che significa saper programmare, portare a termine obiettivi e risolvere problemi. Molte persone sono Project Manager anche nella vita di tutti i giorni…ma solo alcune di loro ne sono pienamente coscienti!

Qual è l’aspetto del suo lavoro che la rende più soddisfatta?
La cosa che mi emoziona di più è vedere l’impatto delle scelte prese sul progress dell’esecuzione di un progetto. Questo può avvenire nell’immediato oppure a nel lungo periodo, ma è comunque bello; significa far accadere le cose!

E quali sono le maggiori difficoltà?
Quello del Project Manager è sicuramente un lavoro complesso. Mantenere la visione d’insieme e trasmetterla al team è forse la cosa più difficile, ma anche la più importante se si vuole fare un buon lavoro. I leader in generale, non devono solo avere la vision aziendale ma anche essere in grado di comunicarla alle proprie risorse. Non ci deve essere mai uno scollamento tra questi due livelli: tutti devono avere ben chiaro che il proprio lavoro serve a raggiungere un obiettivo finale e qual è il loro ruolo nello scacchiere aziendale.

Che cosa l’ha aiutata nel suo percorso professionale?
La cosa che mi ha aiutato di più è stata sicuramente la scelta di mettermi in gioco, che non è sempre facile. Ad esempio nel 2019 mi è stato chiesto di essere Project Director per un programma che sfruttava l’intelligenza artificiale per analizzare progetti finanziari. Mi sono
interrogata a lungo se fossi davvero io la persona più adatta, ma alla fine sono uscita dalla mia comfort zone e ho deciso di accettare. È stata un’esperienza che mi ha insegnato molto e che ha contribuito anche a farmi affrontare nuove sfide e a portarmi dove sono oggi. Se posso dare un consiglio a tutti i giovani manager: mettetevi sempre in gioco!

Che cosa spera di trasmettere ai partecipanti di BiG Academy?
Con il Professor Mario Tucci, con cui conduco il modulo di “Project Management” , ci siamo dati due ruoli complementari. Mentre lui introduce e spiega la parte accademica, che è sempre molto stimolante anche per me, io cerco di fare una sorta di traduzione simultanea per trasferire le sue nozioni in situazioni reali di esecuzione dei processi, spiegando come risolvere i problemi seguendo una strategia. Siamo convinti che questa impostazione, che combina simultaneamente teoria e realizzazione pratica, sia la più efficace per comprendere una materia tanto complessa quanto immersiva come il Project Management.

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