Intervista a Luca Ronchini, CISO di Thales Italia e docente del modulo Digitalizzazione

Luca Ronchini, di formazione economista, è approdato al mondo della cyber security inseguendo la sua passione per le reti e il tema della connettività tra sistemi. “Ho iniziato ad occuparmi di sicurezza all’inizio degli anni Duemila con i primi antivirus per pc. Allora lavoravo in un’azienda partner di Thales, di cui poi sono entrato a far parte pochi anni dopo”.

Che cosa significa occuparsi di cyber security?
La premessa a questa domanda è che la cyber security esiste poiché esiste la digitalizzazione.
Qualsiasi processo di digitalizzazione viene fatto a partire da degli asset e ognuno di questi genera dei dati. Occuparsi di sicurezza significa capire come sono trattati questi dati, come proteggerli, quali rischi li possono minacciare e qual è l’impatto di una loro perdita o danneggiamento.

Concretamente, da dove arrivano le minacce?
Una volta esistevano solo i cosiddetti “bad guys”, gli hackers che agiscono soprattutto come lupi solitari, sempre di più però anche le organizzazioni criminali hanno iniziato a compiere i propri crimini on line prendendo di mira i privati, le aziende oppure i sistemi pubblici spesso con l’obiettivo di chiedere un riscatto oppure di creare un danno irrecuperabile, come nel caso di conflitti bellici.

C’è da avere paura?
Non si tratta di avere paura ma piuttosto di essere consapevoli, come individui e come manager, dell’impatto che un nostro comportamento non attento e non prudente può avere sul business.

Luca Ronchini scherza raccontando che talvolta è lui la minaccia più temuta dai propri colleghi alle prese con i frequenti reset e cambi di password. “Confesso – dice – che a volte giro tra le scrivanie per assicurarmi che in azienda nessuno abbia scritto la password del proprio pc su un post-it in bella vista!”.
Ronchini, infatti, oltre ad essere Responsabile del team di Cyber Security di Thales Italia che con le sue soluzioni supporta il business internazionale, è anche il CISO- Chief Information Security Officer dell’azienda. Un duplice ruolo che lo porta a guardare al digitale da un doppio punto di vista: di opportunità e di minaccia.

A questo proposito, l’AI la vede più come un’opportunità o una minaccia?
Sicuramente sarà un’opportunità (basti pensare alle applicazioni in medicina, diagnostica, e in tutti quei sistemi critici dove l’errore umano è molto comune) ma allo stesso tempo non posso che essere pessimista e temere che la nostra società si dimostri troppo lenta nel capire come gestirla adeguatamente. L’AI potrebbe diventare così intelligente da prendere il controllo di sé stessa. Potrebbero verificarsi scenari inquietanti, come abbiamo già visto in molti film di Hollywood.

Come si fa per rimanere continuamente aggiornati sull’evoluzione delle tecnologie?
Attualmente io sto studiando tutto quello che è collegato all’AI, per motivi di lavoro naturalmente ma anche per interesse personale, perché mi piace approfondire. E’ impossibile però essere sempre aggiornati su tutto. Per questo in Thales esiste un team dedicato che si occupa di presidiare le novità, i cambiamenti del mondo e dei mercati.

Che tipo di leader è Lei?
Mi considero un leader fortunato perché all’interno del mio team ci sono persone molto in gamba e affidabili, perciò non ho esigenze di controllo. Io tendo sempre a motivare e a responsabilizzare la squadra affinché ciascuna persona possa rendere al meglio secondo le proprie caratteristiche.

Lei ha avuto dei maestri nella sua vita?
Sicuramente lo è stato Raffaello Bellofiore, che era il Capo dell’IT quando lavoravo in Bormioli, all’inizio della mia carriera. È una persona che ricordo ancora perchè mi ha dato tanto e mi ha aperto la mente.
Anche mio fratello maggiore è stato un esempio per me perché mi ha fatto strada e mi ha trasmesso la passione per la conoscenza.