Abbiamo chiesto al Professor Vincenzo Cavaliere, docente di Organizzazione aziendale e Gestione delle risorse umane all’Università degli Studi di Firenze nonché referente per la macroarea BiG “Leadership e Sviluppo organizzativo” di spiegarci alcuni aspetti fondamentali trattati nel nostro Corso.
In un contesto economico come quello attuale, dinamico e complesso, le organizzazioni sono chiamate a rispondere alle nuove sfide molto velocemente. In questo processo di continua trasformazione e adattamento le organizzazioni hanno bisogno di una guida e una leadership forte che non è solo quella dell’imprenditore ma anche quella delle figure manageriali intermedie che guidano nell’operatività l’organizzazione.
Non credo in un approccio didascalico a questo tema che si limiti ad identificare delle caratteristiche attitudinali e psicologiche della persona (che comunque hanno un loro valore). Penso che sia più efficace, per i manager e per gli imprenditori, porre l’attenzione sul processo di acquisizione della “leadership” e sulle modalità con cui un leader governa i propri follower seguendo un approccio contingente, che consideri cioè le capacità dei leader di agire e modulare i comportamenti in relazione alle contingenze che deve affrontare.
Sono due aspetti fondamentali nella gestione delle Risorse Umane che è oramai una dimensione critica che ha bisogno di essere affrontata con un approccio scientifico e professionale. Ci tengo però a sottolineare che la conoscenza tecnica, da sola, rischia di essere sterile. Quello che veramente fa la differenza è il pensiero critico, la capacità di inquadrare il problema in una dimensione concettuale; lo strumento poi, aiuta nel predisporre la risposta operativa adeguata. Possedere la tecnica senza la teoria può portare i manager a commettere errori significativi è come navigare con una bussola in mano senza avere conoscenza dei punti cardinali e della funzione dello strumento stesso.
Le competenze delle persone rappresentano il capitale umano dell’azienda. Il concetto stesso di “capitale” deve far capire quanto necessitino di investimenti e di gestioni oculate. Soprattutto con l’avvento e l’introduzione di tecnologie via via più evolute, si dimostra fondamentale la capacità di manager e imprenditori di presidiarle e impiegarle al meglio affinché esse siano volano dello sviluppo organizzativo. In questo senso, le imprese devono riservare maggiore attenzione al “pensare” e “saper essere” anziché soltanto al “fare”.
Fino a poco tempo fa, ad esempio, le competenze trasversali erano considerate secondarie mentre oggi hanno acquisito una rilevanza centrale, perciò è necessario investirci. E questo deve essere tenuto presente sia dagli HR manager che devono portare una nuova cultura delle risorse umane in azienda; sia da chi fa People Management che ha lo scopo di migliorare il benessere delle persone in azienda, sapendo valutare il loro contributo, motivandole e capendo i loro bisogni di sviluppo.
I giovani oggi sanno quanto è rapida la velocità di obsolescenza delle proprie conoscenze per questo chiedono alle aziende di investire su di loro e sulla loro employability. Questa di per sé non è una richiesta problematica soprattutto se si decide di affrontarla a livello di sistema, come territorio, non lasciando da sole le imprese. Più formiamo competenze sul territorio, più il mercato del lavoro sarà fluido e competitivo e ciò a vantaggio tanto degli individui quanto delle aziende e dei “sistemi territoriali”.
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