Licia Mattioli, AD di Mattioli SpA e membro dell’Advisory Board di BiG Academy, ci spiega in che modo la Grande Industria può fare da traino alla PMI nelle sfide imposte dalla globalizzazione.
Licia Mattioli è un’imprenditrice del settore orafo, fondatrice di Mattioli SpA, azienda che rifornisce le più importanti griffe mondiali della gioielleria, oltre a realizzare prodotti con il proprio marchio. Nel 2011 Licia Mattioli ha voluto la nascita di Exclusive Brands Torino, la prima rete d’imprese italiana orizzontale, che riunisce diciannove brand “eccellenti” del territorio torinese. Dal 2016 al 2020 è stata Vice Presidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione e attrazione degli investimenti. Nel 2017 è stata nominata Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È membro dell’advisory board di BiG Academy.
Mi è sembrata subito un’idea interessante poiché metteva insieme le forze delle grandi imprese. Una cosa di cui mi sono convinta negli ultimi anni, anche lavorando come Vicepresidente di Confindustria, è che bisogna ripartire dalla grande industria. Si parla spesso della piccola impresa anche perché “piccolo è bello” ma questo non basta più se si considerano le dinamiche del mercato globale odierno.
Diversamente da qualche decina di anni fa, le imprese non possono più contare di sopravvivere stando in un mercato solo perché eventi anche imprevisti possono mettere in crisi quel mercato, e mandare in fumo intere attività. Bisogna poter stare in più Paesi contemporaneamente e questo si può fare avendo grandi dimensioni. Per questo dobbiamo creare una sorta di “fil rouge” tra grande industria e PMI, permettendo a quest’ultime di essere trainate verso sfide e trasformazioni che difficilmente potrebbero affrontare da sole.
Ad esempio incrementare le esportazioni, crescere in termini di processi interni e di responsabilità di impresa.
Abbastanza, perché purtroppo gli italiani tendono ad essere individualisti eppure quando facciamo squadra non ci ferma nessuno! C’è stato un momento, nel 2017, in cui l’Italia ha lavorato per l’internazionalizzazione con un approccio sistemico, mettendo insieme vari soggetti (Governo, Camere di Commercio, Confindustria, ecc..). In quegli anni il nostro Paese è arrivato a registrare +7,4% di esportazioni.
Non c’è stato Paese al mondo, in cui sono stata, in cui non mi abbiano detto “portateci più imprenditori italiani”. L’imprenditore italiano è ben visto perché sa dare oltre che prendere, trasferisce formazione e sapere là dove arriva, sa fare azienda e ha spiccate doti umane che gli aprono le porte dell’accoglienza.
Ogni imprenditore cresce man mano che la sua azienda cresce, in un tutt’uno. La mia storia è iniziata con un innamoramento. Un giorno mio padre, che ai tempi era dirigente Pirelli prossimo alla pensione, decise di acquisire alcune quote di una storica attività artigianale di Torino, l’ Antica Ditta Marchisio. Quando andai a visitarla me ne innamorai letteralmente. Di lì a poco decisi comunque di fare l’esame da Avvocato, come avevo programmato, però poi scelsi di seguire questo amore ed entrare in azienda.
Bellissimo, perché mi ha insegnato molto: Mi ha affiancata e sono stata fortunata, perché mi ha sempre dato la possibilità di sbagliare.
Ne ho fatti, certo, come tutti, ma mi sono serviti per crescere. Altrimenti come si fa a imparare?
Io dico sempre che lo spirito imprenditoriale è un dono, un talento, non è detto che tutti ce l’abbiano. Devi avere la capacità di leadership che significa saper portare a bordo altre persone, farle sognare e innamorare della stessa idea che hai tu e questa è sicuramente una dote, che difficilmente si apprende. Bisogna essere coraggiosi e resilienti perchè nella vita di ogni imprenditore ci sono momenti difficili e cadute ma non bisogna abbattersi. In più, deve essere esperto di più ambiti, per muoversi orizzontalmente.
Il manager bravo è l’asso nella manica dell’imprenditore, il quale però deve sapergli dare spazio. Il problema delle PMI italiane che soffrono di scarsa managerializzazione è che spesso, anche in presenza di manager bravi, non viene data loro delega. Dobbiamo interrompere questo circolo vizioso.