Una delle fotografie più iconiche conservate negli Archivi Olivetti, ritrae Adriano Olivetti in mezzo alla folla intorno alla metà degli anni ‘50 (poco prima della morte sopraggiunta soltanto nel 1960). Una luce bianca e rarefatta arriva dall’alto illuminandogli la fronte e la sua figura sembra quasi “evaporare” ed ergersi sopra le altre. “Questa immagine – spiega Beniamino De’ Liguori Carino, segretario generale della Fondazione Adriano Olivetti, nonché nipote dell’imprenditore – ci aiuta a ricordare la dimensione ultraterrena di Olivetti”. L’ingegnere, che nella giovinezza lavorò con passione come giornalista, è stato un uomo di azione quanto di pensiero e spiritualità. Nel 1930, quando il padre Camillo gli trasferì la gestione della fabbrica produttrice di macchine da scrivere, Adriano iniziò subito a interrogarsi e a lavorare per tenere insieme tre dimensioni del suo agire: il progresso tecnologico, l’etica della responsabilità e lo sviluppo industriale. “La principale domanda da cui partì – spiega De’ Liguori Carino – fu: ‘Come si può essere materialmente e tecnologicamente progrediti senza essere interiormente imbarbariti?’”.
Spinto da questa tensione, Adriano Olivetti ha lavorato tutta la vita per raggiungere l’eccellenza tecnica nel proprio settore (eccellenza che lo portò ad essere il primo produttore di personal computer al mondo); per mettere la persona al centro costruendo ambienti di lavoro accoglienti, a misura d’uomo, e mettendo a disposizione dei lavoratori tutta una serie di servizi sociali e sanitari per allora rivoluzionari (tra le altre cose, la sua Olivetti fu la prima azienda italiana a garantire alle lavoratrici 9 mesi di maternità retribuiti all’80%); per costruire una cittadella industriale che fosse testimonianza tangibile di un’idea nuova di società animata da senso di verità, giustizia, e bellezza.
“Oggi quando parliamo di sostenibilità dell’impresa, l’esempio e l’operato di Adriano Olivetti che pure per molto tempo sono rimasti espulsi ed emarginati – conclude Beniamino De’ Liguori Carino – tornano a parlarci chiaramente.”